Babbo Natale. Ma chi è costui? Abbiamo fatto qualche ricerca e abbiamo scoperto che...
Le antiche origini cristiane: San Nicola
Tutte le versioni del Babbo Natale moderno derivano dallo stesso personaggio storico, il vescovo san Nicola di Myra – una provincia dell’Impero bizantino che corrisponde all’attuale Anatolia, in Turchia – più noto in Italia come San Nicola di Bari.
San Nicola nacque probabilmente a Pàtara di Licia (Turchia), tra il 260 ed il 280, da Epifanio e Giovanna che erano cristiani e benestanti. Cresciuto in un ambiente di fede cristiana, perse prematuramente i genitori a causa della peste. Divenne così erede di un ricco patrimonio che impiegò per aiutare i bisognosi.
San Nicola lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo.
Imprigionato ed esiliato nel 305 durante le persecuzioni anti-cristiane emanate da Diocleziano, fu poi liberato da Costantino nel 313 e riprese l'attività apostolica.
Non è certo se sia stato uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea del 325 – durante il quale avrebbe condannato duramente l'eresia dell'arianesimo, difendendo la fede cattolica – ma si tramanda che in un momento d'impeto prese a schiaffi Ario. Gli scritti di sant'Andrea di Creta e di san Giovanni Damasceno ci confermano la sua fede ben radicata nei principi dell'ortodossia cattolica.
Una leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne. Anche per questo episodio san Nicola è venerato come protettore dei bambini.
Di san Nicola si racconta anche che, da vescovo, esortò tutti gli altri parroci della sua diocesi a diffondere il cristianesimo laddove i bambini non avevano la possibilità o la volontà di recarsi in chiesa anche a causa del freddo invernale, che costringeva molti a non uscire di casa. Così li esortò, dicendo loro di recarsi dai bambini portando loro un regalo e di cogliere l'occasione per spiegargli chi fosse Cristo e che cosa avesse fatto per l'intera umanità. I parroci quindi, indossando un pesante soprabito rosso scuro (simile al bordò) per ripararsi dal freddo e portando con loro un sacco pieno di regali, raggiungevano i bambini mediante alcune slitte trainate da cani (non renne).
Quando Myra cadde in mano musulmana, Bari (al tempo dominio bizantino) e Venezia, che erano dirette rivali nei traffici marittimi con l'Oriente, entrarono in competizione per portare in Occidente le reliquie del santo. Una spedizione barese si impadronì delle spoglie di Nicola che giunsero a Bari il 9 maggio 1087.
San Nicola divenne patrono di Bari e le date del 6 dicembre (giorno della morte del santo) e 8 maggio (giorno dell'arrivo delle reliquie) furono dichiarate festive per la città.
I Veneziani non si rassegnarono all'incursione dei baresi e nel 1099-1100, durante la prima crociata, approdarono a Myra, dove fu loro indicato il sepolcro vuoto dal quale i baresi avevano trafugato le ossa. Qualcuno rammentò di aver visto celebrare le cerimonie più importanti, non sull'altare maggiore, ma in un ambiente secondario. Fu in tale ambiente che i veneziani rinvennero una gran quantità di frammenti ossei che i baresi non avevano potuto prelevare. Questi vennero traslati nell'abbazia di San Nicolò del Lido. San Nicolò venne quindi proclamato protettore della flotta della Serenissima e la chiesa divenne un importante luogo di culto.
Folklore tedesco e tradizione nel Belgio e Paesi Bassi
Prima della conversione al cristianesimo, il folklore tedesco narrava che il dio Odino (Wodan) ogni anno tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio invernale (Yule), accompagnato dagli altri dei e dai guerrieri caduti.
La tradizione voleva che i bambini lasciassero i propri stivali nei pressi del caminetto, riempendoli di carote, paglia o zucchero per sfamare il cavallo volante del dio, Sleipnir. In cambio, Odino avrebbe sostituito il cibo con regali o dolciumi.
Questa pratica è sopravvissuta in Belgio e Paesi Bassi anche in epoca cristiana, associata alla figura di san Nicola. La devozione per il santo è anche alla base della grande festa olandese di Sinterklaas (il compleanno del santo) che, a sua volta, ha dato origine al mito ed al nome di Santa Claus nelle sue diverse varianti.
Folklore islandese
Gli islandesi amano dire che da loro ci sono ben 13 Babbo Natale perché la loro tradizione di doni a Natale è basata su 13 folletti.
Una volta all'anno, due settimane prima di Natale, questi folletti fanno prima il bagno nelle acque calde delle sorgenti del lago di Niva, quindi lasciano le grotte dove abitano per portare ai bambini islandesi buoni dei doni. Questi vengono messi nelle scarpe che i bambini hanno lasciato sotto le finestre. In pratica, i bambini islandesi, se sono stati buoni, ricevono tredici regali, uno per ogni giorno delle due settimane che precedono il Natale. Questi folletti, tuttavia, possono essere dispettosi e a volte si divertono a fare scherzi o a spiare gli umani. Inoltre, se il bambino ha fatto il cattivo, riceve al posto dei doni delle patate.
Origini moderne
Il Babbo Natale di oggi riunisce le rappresentazioni premoderne del portatore di doni, di ispirazione religiosa o popolare, con un altro personaggio britannico preesistente, Father Christmas. Quest'ultimo risale almeno al XVII secolo, e ne sono rimaste delle illustrazioni d'epoca in cui è rappresentato come un signore barbuto e corpulento, vestito di un mantello verde lungo fino ai piedi e ornato di pelliccia. Rappresentava lo spirito della bontà del Natale, e si trova anche nel “Canto di Natale” di Charles Dickens sotto il nome di "Spirito del Natale presente".
Il nome Santa Claus ha, come già accennato, origine dall'olandese Sinterklaas (il compleanno del santo), ma non solo. San Nicola, nel nord Europa, viene chiamato anche Sint Nicolaas: questo spiega l'esistenza di diverse varianti inglesi del nome (Santa Claus, Saint Nicholas, St. Nick).
Il nome Sinterklaas è stato poi, nel tempo, anche associato a una tradizionale figura natalizia. Gli abiti di Sinterklaas sono simili a quelli di un vescovo; porta una mitra (un copricapo liturgico) rossa con una croce dorata e si appoggia ad un pastorale. Il richiamo al vescovo di Mira è ancora evidente. Sinterklaas ha un cavallo bianco con il quale vola sui tetti; i suoi aiutanti scendono nei comignoli per lasciare i doni (in alcuni casi nelle scarpe dei bambini, lasciate vicino al caminetto).
Sinterklaas è la base della mitica figura di Santa Claus divenuta popolarissima, a partire dal secolo scorso, prima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo.
Iconografia moderna
Il Babbo Natale vestito di rosso e con la barba bianca così come noi siamo abituati a raffigurarlo è un personaggio inventato, un personaggio da réclame. Sono stati infatti i pubblicitari della Coca Cola, all’inizio degli anni ’30, a creare l’immagine del vecchietto sulla slitta, per promuovere la bevanda nei mesi invernali. In particolare il celebre illustratore Haddon Sundblom: fu lui a porre la firma al primo disegno del moderno Santa Claus.
Critiche religiose all'attuale icona di Babbo Natale
Nonostante le sue radici possano essere classificate come cristiane, Babbo Natale col tempo è diventato una figura che rappresenta gli aspetti secolari del Natale; ciò ha provocato le critiche delle chiese cristiane che disapprovano l'enfatizzazione del Babbo Natale più secolare e gli aspetti materialistici dello scambio di doni in occasione della festa.
Anche alcuni vescovi italiani si sono espressi contro Babbo Natale, rammaricandosi per la commercializzazione delle festività natalizie con il conseguente tradimento del loro significato originale: «Sempre più violenta e intollerante si fa la cultura di babbo natale (volutamente scritto con iniziali minuscole) che [...] con il Natale cristiano non ha nulla da spartire. [...] Sta scippando e defenestrando il Natale cristiano per buttarlo fuori dalla scena del sociale che conta, [...] [in] modo strategicamente vincente, poiché si avvale della potenza suasiva dei mass media di maggior audience, che puntano le carte sulla carica emotiva, e del mercato economico, per estirpare le radici cristiane rendendole innocue, alterandone i geni» (Giuseppe Zenti [nella foto], vescovo cattolico di Verona dall'8 maggio 2007. Articolo pubblicato dal settimanale diocesano di Vittorio Veneto “L’Azione”, 3 dicembre 2006).