Albese con Cassano, 20 ottobre 2014
Noi speravamo... tra palco e realtà
È il primo incontro di catechesi della Missione Giovani e ci ritroviamo ad Albese: siamo tanti giovani e il cuore si riempie il cuore di gioia; significa infatti aver vinto la pigrizia ma soprattutto l’indifferenza, per vivere un’esperienza nuova ed indimenticabile. L’incontro si intitola "Noi speravamo… tra palco e realtà" e proprio la speranza e il suo contrario, la delusione, sono al centro della nostra riflessione.
La speranza è l’attesa viva e fiduciosa di un bene futuro; il suo opposto invece, la delusione, che troppo spesso conosciamo da vicino. Questa amarezza però dipende solo ed esclusivamente da noi stessi perché Gesù Cristo non ci lascia mai, non ci giudica ma ci conforta.
Nella vita cerchiamo sempre di organizzare, pianificare, programmare tutto per evitare di imbatterci con il dolore e la sofferenza; vogliamo avere tutto sotto controllo per evitare quei maledetti fuori programma che ci fanno così paura. In fondo però proprio quegli ostacoli o quelle deviazioni, sono proprio i programmi più belli che Dio ha riservato per noi.
Questa sera ci troviamo di fronte ad magnifico crocefisso che raffigura Gesù con gli occhi aperti, vivo, quasi nell’atto di invitarci a conoscerlo per vivere la propria esperienza di fede. È un Signore che non ci scruta ma ci accoglie, ci ama così come siamo perché ognuno di noi è una benedizione, pensata e creata da Dio stesso. Nessuno deve permettersi di credere che non sia così.
Ma allora perché in questo mondo tutto è così condizionato dal giudizio degli altri? Se non piaccio agli altri, non sono nessuno, mi sento solo e inadatto: siamo noi che permettiamo tutto questo e che non facciamo altro che giudicarci e punirci per non avere raggiunto ciò che vorremmo essere o avere.
L’ascolto è ciò che è in grado di farci uscire dalle sabbie mobili della noia e della delusione: ascoltare l’amico in difficoltà, il genitore che vuole trovare conforto, il fidanzato in cerca di un consiglio e infine la Sua Parola. L’ascolto ridà dignità all’altro e se non lo faccio, in qualche modo, lo sto uccidendo: non lo considero, lo ignoro e rimango chiuso nelle strette pareti dell’egoismo senza cielo aperto.
Siamo umani però e certamente abbiamo dei limiti ma questo non rappresenta un problema: là dove c’è una mia mancanza o incapacità, devo permettere all’altro di entrare perché quando si ama, si è disponibili ad ammettere le proprie debolezze. Quando ascolto, infatti devo offrire la mia testa e il mio cuore per ascoltare l’altra persona e non semplicemente sentirla.
Non voglio perdermi tra grattacieli di cose inutili ma continuare a vivere, fidandomi ed affidandomi al Signore.
Noemi Miscioscia