Milano, sabato 9 giugno 2018
CELEBRAZIONE EUCARISTICA: L'OMELIA
E cominciarono a far festa.
1. Questo nostro tempo ha bisogno di incominciare a far festa.
Avete fatto bene, voi candidati della diocesi di Milano, a scegliere come motto: e cominciarono a far festa (Lc 15,24). Questa terra, infatti, questa chiesa ambrosiana, questa umanità che ha bisogno di tutto, ha però un bisogno immenso di gioia, di festa. L’hanno cercata dappertutto la gioia: inseguendo il piacere, il potere, la gloria, la fama. Ne hanno uno struggente desiderio e l’hanno cercata dappertutto. Ma non l’hanno trovata. Ci sono stati persino dei ricchi che hanno invidiato i poveri: ma com’è che questi poveri che non hanno niente, sono così contenti? Ma non so se i poveri erano contenti. Anche loro hanno invidiato i ricchi e si dicevano: questi ricchi sono veramente stupidi. Se avessi io quello che hanno loro, allora sì che sarei felice.
Perciò avete fatto bene voi ad annunciare che si può cominciare a fare festa e ad essere felici; avete fatto bene a far risuonare come titolo del vostro ministero la promessa della festa. Avete fatto bene a far risuonare l’invito di Paolo: Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto siate lieti (Fil 3,4).
2. La vostra gioia non basta al desiderio del mondo.
Devo però dirvi che la gioia non si può comandare, non si può essere lieti per obbedienza e l’invito alla festa non può essere un impegno da imporre: il fratello risentito che non vuole entrare alla festa voluta dal Padre troppo buono per il fratello troppo sciagurato.
Devo dirvi che le vostre buone intenzioni non bastano al desiderio di mondo di fare festa. Voi siete bravi, siete stati ben preparati dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità, dal seminario e da chi vi ha accompagnato in questi anni. Voi avete tante qualità e avete studiato molte cose e fatto molte esperienze. Ma non siete all’altezza del compito: la vostra gioia non basta neppure per voi stessi, figuriamoci se può bastare al desiderio del mondo.
In questi giorni molti si stringeranno attorno a voi per dirvi la loro ammirazione, il loro affetto, la loro gratitudine. Forse avrete l’impressione di essere al centro della festa e di essere voi la presenza che dà inizio alla festa. Io spero davvero che anche voi possiate rispondere come ha risposto l’angelo dell’Apocalisse, quando il veggente si prostra ai suoi piedi per adorarlo: Guardati bene dal farlo! io sono un servo con te e con i tuoi fratelli che custodiscono la testimonianza di Gesù (Apc 19,10).
3. A quale festa ci invitate?
Perciò se non siete voi il personaggio centrale della festa, se non può bastare la vostra gioia per il desiderio del mondo, a quale festa ci invitate? dov’è la sorgente della gioia? che cosa avete da offrire, che cosa ha da offrire la Chiesa al desiderio di gioia del mondo?
Voi, ordinati per il ministero, voi tutti discepoli del Signore, tu, Santa Chiesa di Dio, voi siete solo dei servi. Voi siete i servi dell’inquietudine. Voi siete incaricati di quella parola, di quella presenza, di quell’inquietudine che visita il figlio lontano, il figlio fallito, il figlio desolato, il figlio perso nella sua vita dissoluta per suscitare in lui la nostalgia di casa. Voi siete mandati là dove abitano i figli amati per una parola originale e inquietante, per quel rientrare in se stessi che oggi sembra proibito e impraticabile, per quell’invito che convince a conversione perché libera dalla disperazione e annuncia che c’è un Padre che aspetta, c’è una casa paterna che si aprirà per accogliere il figlio che era morto ed è tornato alla vita, era perduto, ed è stato ritrovato. Voi non siete mandati a servire il principe di questo mondo che ha convinto gli uomini e le donne che non c’è più una casa dove tornare, che il paese in cui siamo destinati ad abitare si chiama desolazione e solitudine. Voi non siete mandati ad annunciare una parola di rassegnazione, ad accondiscendere a un egocentrismo e a un orgoglio che non vuole riconoscere d’aver sbagliato strada. Voi siete servi dell’inquietudine che convince al cammino, che propone il rientro a casa e apre alla sorpresa di essere attesi dalla festa che Dio prepara per i suoi figli amati. Voi siete i servi che portano la testimonianza di Gesù che è lo Spirito di profezia (Apc 19,10).
Voi ordinati per il ministero, come tutta la santa Chiesa di Dio, siete uomini di preghiera che insegnano a pregare. Voi siete mandati a ripetere ai fratelli e alle sorelle che incontrate le parole di Paolo: Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche, ringraziamenti (Fil 4, 6). Il primo tratto che viene in mente per descrivere i preti ambrosiani, che hanno tanti motivi di vanto e che sono famosi nel mondo per molte qualità, non è che siano uomini di preghiera che insegnano a pregare. Voi che siete mandati per invitare alla festa, sappiate dire donde si attinge la gioia che vi abita: sentitevi incaricati di ripetere le parola di Paolo: Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie (1Ts 16- 18). Non conosco altra via per aprire gli occhi sul mondo e riconoscervi la presenza della gloria di Dio che non sia la preghiera. Non conosco altra via per tener vivo il desiderio della festa eterna di Dio per ascoltare l’invito dell’angelo che annuncia la beatitudine dicendo: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello” (Apc 19,9) che non sia la preghiera.
Voi ordinati per il ministero non avete in voi abbastanza gioia per dare gioia agli altri, non avete abbastanza speranza, non avete abbastanza vita. Non scoraggiatevi, non accontentatevi della mediocrità, non dissimulate le vostre debolezze. Siate invece sempre servi in cammino, lasciatevi trasfigurare dalla docilità alla grazia: in conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, quello che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri (Fil 4,8).
A voi che avete promesso obbedienza, io chiedo questa obbedienza facile e quotidiana: scrivete queste parole di Paolo su un foglietto, mettetelo nel libro della vostra preghiera e ogni sera, praticate l’esame di coscienza a conclusione di Compieta rileggendo l’invito di Paolo. Così, io immagino, sarà possibile praticare anche l’invito di Paolo: siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti (Fil 4,4).
Andate dunque e invitate tutti perché la festa cominci: siate i servi dell’inquietudine che chiama a conversione, siate uomini di preghiera che insegnano a pregare, siate servi in cammino che si lasciano trasfigurare per essere uomini nuovi.