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26 giovani di Albese al carcere di San Vittore: cronaca di una giornata "trasgressiva"

9 novembre 2008

Quando il sole non era ancora sorto all'orizzonte un gruppo di giovani sono partiti dal paesello per affrontare un giorno “trasgressivo” proposto dal nostro seminarista Gabriele.

Carcere di San Vittore

La meta era il carcere di San Vittore e l'obiettivo quello di animare le S. Messe della domenica mattina. Dove sta la trasgressione?! Beh, al giorno d'oggi è difficile trovare delle persone, e ancor più dei giovani, che smettono di guardare con gli occhi e sentire con le orecchie dei mass-media e decidono di vivere, di sentire, di ascoltare, di annusare di persona per poi riflettere e confrontarsi.

Nonostante il fatto di essere in 26 persone che si fanno compagnia e sostegno reciproco, l'esperienza lascia il segno: pensate... uno arriva, consegna la carta d'identità, toglie ogni cosa che ha in tasca per passare il metal-detector e poi ancora... perquisizione... pausa di fronte al primo cancello con le sbarre che ti permettono di vedere un lungo corridoio intervallato da altri 4 cancelli che conducono a una “rotonda"... il secondino che ti accompagna apre la prima porta, poi la seconda, la terza, la quarta... si arriva in uno spazio molto ampio con al centro un altare e il crocifisso... non sembrerebbe l'ambiente di un carcere se non ci fossero i sei “bracci” che si affacciano su di esso e i carcerati che attendono con lo sguardo fisso e le braccia a penzoloni tra le sbarre...
Tu ti ripeti che non sei allo zoo per una gita, ma come fai a restare indifferente, a non ripensare alle parole dette da Gabriele, ovvero che li dentro sono rinchiuse persone molto diverse fra loro, che in una cella di 5x3 metri (15 metri quadrati) con un unico servizio igienico (turca e lavabo) ci stanno 9 persone costrette dalla carenza di spazio a dormire anche per terra... tutti insieme, non si può stare in piedi giù dai letti!

Arriva don Luigi, il cappellano più anziano, che da 31 anni si occupa delle anime delle persone detenute. È un punto di riferimento per tutti, perché in quel posto non c'è differenza di religione che tenga: per tirare avanti conta "poter avere fiducia in qualcuno" e conta sapere che c'è "qualcuno che ti sta ad ascoltare e che ti porta una parola di conforto".

Inizia la "nostra" prima S. Messa e le parole di Don Luigi risuonano tra le mura che le enfatizzano... sarà forse per la sua viva partecipazione, rimarcata in certi momenti anche dalla sua voce, che diventa tremula quando racconta dell'abbraccio del giorno prima con il Cardinale Carlo Maria Martini, così come quando con lo sguardo fisso sul crocifisso a meno di 2 metri innalza una preghiera per tutti i detenuti.
È una vera tristezza pensare che ci sono domeniche in cui non c'è nessuno ad animare la Messa e che in quei casi la celebrazione scorre via liscia liscia... piatta e che, in ogni caso, per motivi di ordine pubblico, agli "animatori" non è consentito fare la comunione e nemmeno fare lo scambio di pace con i detenuti.

A questo punto ci trasferiamo nel cortile degli agenti, in attesa di poter accedere al reparto femminile per l'animazione della "nostra" seconda S. Messa, celebrata dall'altro cappellano don Alberto.
La domenica, nel vari "reparti" del carcere di San VIttore si celebrano cinque Messe : quattro nel settore maschile (in “rotonda”, al “penale”, al “VI-2°” - per i protetti - e al “clinico”) e una nel settore femminile.
Mentre ci trasferiamo vediamo, in attesa di entrare per i colloqui, una fila di mogli con i figli piccoli (almeno trenta persone) con sguardi persi che riflettono quelli dei detenuti. La sala di attesa per i colloqui è una stanza vuota con le pareti scrostate e spoglie, le panche ai lati, simile alla cella di un lager... non servono altre parole!

Ci siamo poi trasferiti nel settore femminile e qui l'atmosfera era decisamente più tranquilla e meno scialba. Sembrava di essere in un centro di recupero, forse perché già nel patio centrale c'era un angolo di verde attrezzato con scivoli, altalene e altri giochi per i bimbi, utilizzato anni fa, quando le giovani mamme detenute stavano ancora a San Vittore, e quando abbiamo attraversato il corridoio tra le celle si sentiva il profumo del cibo che stavano cucinando: Le celle sono molto simili a quelle che si vedono nella sit-com “Belli dentro”: L'impressione "positiva" è aumenta ancor di più quando abbiamo animato la Messa nella cappella con a lato le detenute; sembrava proprio un ambiente più "familiare"... con il segno della pace, la comunione, il padre nostro recitato tenendoci per mano... proprio tutto un altro ambiente, dove traspariva l'umanità delle persone.

Don Alberto, che risiede all'interno del carcere, verrà ad Albese il prossimo 8 dicembre per portare un messaggio e rispondere alle domande, perché a questo punto non ci si può non interrogare sull'esperienza e non essersi fatti una opinione in merito.

Il carcere è una "città nella città" ove "le regole sono le non-regole", dove il detenuto "vive in un limbo" e dove, anche se la legge prevede tante belle cose e progetti per il recupero dei detenuti, la quasi totalità delle peronse passa tutto il giorno a fare niente e a contare i minuti, le ore, i giorni...

Perchè nessuno fa niente per migliorare la situazione? Le carceri cadono a pezzi (a San Vittore, due bracci chiusi a causa delle pessime condizioni igieniche e strutturali e gli altri sono stracolmi!) e i detenuti non fanno niente. Le guardie sono lì a controllare gente che non fa niente... è proprio un bel controsenso!

Io (Andrea) sono da sempre per le misure drastiche: "chi ha sbagliato deve pagare"... ma forse vale la pena di provare a dare "qualcosa" a queste persone, insegnare loro un lavoro, che possa essere utile fin da subito per il recupero e la manutenzione dei luoghi ove “vivono”, in modo che non si debbano più lamentare di vivere “come bestie” nelle carceri... forse così, quando usciranno, avranno qualcosa "da dare" e "da fare", perché avranno una rinnovata fiducia in se stesse.

L'indulto non è stato una grande iniziativa per come è stato condotto: le carceri erano stracolme e sono stati fatti "uscire" coloro che avevano compiuto  reati minori... ma queste persone, senza un minimo di azione di recupero, un volta "uscite" hanno rifatto gli stessi errori per cui erano stati arrestati... e ora siamo di nuovo da capo.

Ci sarebbero una infinità di cose da dire e da controbattere perché l'argomento è molto complesso e, come nella vita, non esistono solo "il bianco" e "il nero" ma ci sono tutte le sfaccettature di grigio, e anche qui ognuno, chi più e chi meno competente, ha la sua opinione e soluzione al problema... pertanto, vi aspettiamo numerosi, il prossimo 8 dicembre, in Oratorio per continuare a.... ”TRASGREDIRE”.

Andrea Annoni e Elena Torchio

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