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Una buona notizia: il mondo si può cambiare

Torino, 16 ottobre 2010

pace

È questo lo slogan del Terzo Appuntamento Mondiale dei Giovani della Pace organizzato dal Sermig di Torino. “Cos’è il Sermig?”,  vi chiederete. Il Sermig - Servizio Missionario Giovani - è nato nel 1964 da un’idea di Ernesto Olivero e da un sogno condiviso con molti: sconfiggere la fame con opere di giustizia e di carità, e da sempre esso ha dato una speciale attenzione ai giovani e ai loro sogni, cercando con loro le vie  per la pace. Grazie al Sermig, un’antica fabbrica di armi in disuso, con il lavoro gratuito di molti e tanta preghiera, nel 1983 è diventata una casa accogliente, aperta 24 ore su 24, per chi ha bisogno, per chi vuole dare una mano, per chi vuole dialogare con persone di culture diverse. Un arsenale di guerra è diventato così l’Arsenale della Pace.

Ma torniamo al Mondiale che si è svolto sabato 16 ottobre a Torino in piazza San Carlo, seconda tappa di un cammino iniziato il 27 agosto a L’Aquila. Il mondo si può cambiare? A questa domanda noi, insieme a migliaia di altri giovani, abbiamo risposto di sì! Eravamo circa in 10.000 da tutta Italia e non solo, per lasciare un messaggio agli adulti: noi ci impegniamo a cambiare il mondo! Basta partire da noi stessi, dal nostro stile di vita, per poi allargarci alla scuola, alla parrocchia, agli amici, al quartiere, al paese…e al mondo intero! La nostra volontà di cambiare, di intraprendere una nuova strada, ha “battuto” anche il freddo e la pioggia di quel pomeriggio, che non ci hanno scoraggiati.

Da cosa dobbiamo partire per attuare questo cambiamento? Le parole-chiave per un nuovo stile di vita sono queste:

  1. Restituzione, cioè la volontà di restituire e condividere quello che si ha: tempo, capacità, la propria professione, per metterli al servizio degli altri.
  2. Sobrietà, cioè vivere senza sprecare nulla (cibo, vestiti, tempo) e rispettando la natura. La sobrietà va vissuta anche nei rapporti con gli altri, che devono essere sinceri e autentici.  
  3. Dialogo, cioè imparare a mettersi in ascolto dell’altro e del suo vissuto, per imparare da lui, dalla sua cultura, senza però mascherare la propria identità e senza imporre le proprie idee. 
  4. Pace, cioè lavorare per raggiungere la pace, quella con noi stessi e quella con gli altri. 
  5. Silenzio, per una conoscenza profonda di noi stessi, per far risuonare dentro di noi la voce di Dio, per comprendere meglio le parole di chi ci parla, per contrastare questa società che ha annientato il silenzio.

È stato proprio il silenzio il protagonista di questa giornata, iniziata con una marcia silenziosa dall’Arsenale fino alla Piazza e proseguita nell’ ascolto silenzioso delle testimonianze di alcuni nostri coetanei provenienti da varie parti del mondo. Come non rimanere impressionati dai racconti di due sorelle somale, che per salvarsi dalla guerra hanno attraversato per mesi il deserto prima di finire stipate su un barcone che le ha portate in Italia? Come non commuoversi, sentendo la storia di un ragazzo iraniano, che ha perso la vista dopo esser stato malmenato solo per aver protestato contro il regime? Come è possibile non fermarsi a riflettere, dopo aver ascoltato un ragazzo napoletano vittima della Camorra? Noi giovani non vogliamo più che il mondo ci cambi e corrompa le nostre aspirazioni: vogliamo essere noi a cambiare il mondo e portare speranza con il nostro impegno. Ci sono ancora molti giovani che non fanno paura e non hanno paura a metterci la faccia, a metterci la testa, a metterci il loro cuore, per squarciare il buio dell’odio, della fame, dell’indifferenza, della guerra, della paura.

Non vogliamo che questa giornata sia un punto d’arrivo, ma ci auguriamo che sia un punto di partenza, per abbracciare un nuovo stile di vita che nel concreto ci metta al servizio della vita e della pace.  Solo se cambiamo noi stessi e al posto dell’Io mettiamo Dio, possiamo migliorare la società in cui viviamo e batterci affinché tutti abbiano gli stessi diritti e la libertà di realizzarsi. 

Le televisioni e i giornali non hanno parlato di noi: 10.000 giovani che da tutto il mondo si uniscono in ascolto silenzioso anziché urlare e protestare; giovani che fanno delle proposte concrete al mondo degli adulti, anziché accusare e insultare; giovani che ripuliscono la piazza terminato l’incontro, anziché spaccare auto e vetrine o incendiare cassonetti, purtroppo non fanno notizia. Ora quindi sta a noi testimoniare e mettere in pratica nella vita di tutti i giorni quanto abbiamo vissuto a Torino. Se faremo tutto ciò potremo veramente essere portatori di speranza ed annunciare la buona notizia: IL MONDO SI PUò CAMBIARE!  IO CI STÒ! E tu? 

Alberto, Letizia, Valentina, Miriam

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